G. I. GURDJIEFF: Stati di Coscienza

"È possibile pensare per migliaia di anni, è possibile scrivere biblioteche intere, inventare teorie a milioni e tutto questo nel sonno, senza alcuna possibilità di risveglio."


Vi sono quattro stati di coscienza possibili per l’uomo (mise l’accento sulla parola ‘uomo’).

Ma l’uomo ordinario, in altri termini, l’uomo n. 1, 2 o 3, non vive che negli stati di coscienza più bassi.

I due stati di coscienza superiori gli sono inaccessibili, e benché egli possa averne conoscenza a sprazzi, è incapace di comprenderli e li giudica dal punto di vista dei due stati di coscienza inferiori che gli sono abituali.

Il primo, il sonno, è lo stato passivo nel quale gli uomini trascorrono un terzo, e sovente anche la metà della loro vita.

Il secondo, nel quale passano l’altra metà della loro vita, è quello stato in cui camminano per le strade, scrivono libri, discutono soggetti sublimi, si occupano di politica, si ammazzano a vicenda: è uno stato che considerano attivo e chiamano ‘coscienza lucida’, o ‘stato di veglia della coscienza’.

Queste espressioni di ‘coscienza lucida’, o ‘stato di veglia della coscienza’ sembrano essere state formulate per scherzo, specialmente se ci si rende conto di ciò che dovrebbe essere una ‘coscienza lucida’ e di ciò che è in realtà lo stato nel quale l’uomo vive e agisce.

Il terzo stato di coscienza è il ricordarsi di sé, o coscienza di sé, coscienza del proprio essere.

È generalmente ammesso che noi possediamo questo stato di coscienza o che possiamo averlo a volontà.

La nostra scienza e la nostra filosofia non hanno visto che noi non possediamo questo stato di coscienza e che il nostro desiderio è incapace di crearlo in noi, per quanto ferma possa essere la nostra decisione.

Il quarto stato di coscienza è la coscienza obiettiva.

In questo stato, l’uomo può vedere le cose come sono.

Talvolta, negli stati inferiori di coscienza, egli può avere dei barlumi di questa coscienza superiore.

Le religioni di tutti i popoli contengono testimonianze sulla possibilità di tale stato di coscienza, che viene definito ‘illuminazione’, o con altri differenti nomi, ma che non può essere descritto con parole.

Ma l’unica strada giusta verso la coscienza obiettiva passa attraverso lo sviluppo della coscienza di sé.

Un uomo ordinario, artificialmente portato in uno stato di coscienza obiettiva e poi riportato nel suo stato abituale, non ricorderà nulla e penserà semplicemente di aver perso conoscenza per un certo tempo.

Ma, nello stato di coscienza di sé, l’uomo può avere degli sprazzi di coscienza obiettiva e conservarne il ricordo.

Il quarto stato di coscienza è uno stato del tutto diverso dal precedente; esso è il risultato di una crescita interiore e di un lungo e difficile lavoro su di sé.

Il terzo stato di coscienza, invece, costituisce il diritto naturale dell’uomo quale egli è, e, se l’uomo non lo possiede, è unicamente perché le sue condizioni di vita sono anormali.

Senza esagerazione alcuna, si può dire che attualmente il terzo stato di coscienza non appare nell’uomo che a tratti molto brevi e molto rari e che non è possibile renderlo più o meno permanente senza un allenamento speciale.

Per la maggior parte delle persone, anche se colte e ragionevoli, il principale ostacolo sulla via dell’acquisizione della coscienza di sé è che credono di possederla; in altri termini, sono del tutto convinti di avere già la coscienza di sé stessi e di possedere tutto ciò che accompagna questo stato: l’individualità, nel senso di un ‘Io’ permanente e immutabile, la volontà, la capacità di fare, e così via.

Ora, è evidente che un uomo non avrà interesse ad acquisire con un lungo e difficile lavoro una cosa che, a parer suo, possiede già.

Al contrario, se gliene parlate, penserà che siete pazzo, o che tentiate di approfittare della sua credulità per vostro vantaggio personale.

Per comprendere quale è la differenza tra gli stati di coscienza bisogna tornare al primo stato, che è il sonno.
Questo è uno stato di coscienza interamente soggettivo.

L’uomo è immerso nei suoi sogni, poco importa che ne conservi o meno il ricordo.

Anche se qualche impressione reale raggiunge il dormiente, come suoni, voci, calore, freddo, sensazione del proprio corpo, esse non risvegliano in lui che immagini soggettive fantastiche.
Poi l’uomo si sveglia.

A prima vista, questo è uno stato di coscienza completamente diverso.

Egli può muoversi, parlare con altre persone, fare dei progetti, vedere dei pericoli, evitarli, e così di seguito.

Sarebbe ragionevole pensare che si trovi in una situazione migliore di quando era addormentato.

Ma se vediamo le cose un po’ più a fondo, se gettiamo uno sguardo sul suo mondo interiore, sui suoi pensieri, sulle cause delle sue azioni, comprendiamo che egli è pressoché nello stesso stato in cui era quando dormiva.

È anche peggio, perché nel sonno egli è passivo, cioè non può fare nulla.

Nello stato di veglia, al contrario, egli può agire continuamente e i risultati delle sue azioni si ripercuoteranno su di lui e sulle persone intorno a lui.

Eppure, non si ricorda di se stesso.

Egli è una macchina, tutto gli succede.

Egli non può arrestare il flusso dei suoi pensieri, non può controllare la sua immaginazione, le sue emozioni, la sua attenzione.

Vive in un mondo soggettivo di ‘amo’, ‘non amo’, ‘mi piace’, ‘non mi piace’, ‘ho voglia’, ‘non ho voglia’, cioè in un mondo fatto di ciò che crede di amare o non amare, di desiderare o non desiderare.

Non vede il mondo reale.

Esso gli è nascosto dal muro della sua immaginazione.

Egli vive nel sonno.

Dorme.

Quello che chiama la sua ‘coscienza lucida’ non è che sonno, e un sonno molto più pericoloso del suo sonno, la notte, nel suo letto.

È possibile pensare per migliaia di anni, è possibile scrivere biblioteche intere, inventare teorie a milioni e tutto questo nel sonno, senza alcuna possibilità di risveglio.

Al contrario, queste teorie e questi libri inventati e scritti da gente addormentata, avranno semplicemente l’effetto di trascinare altri uomini nel sonno, e così di seguito.

Non vi è niente di nuovo nell’idea del sonno.

Fin dalla creazione del mondo, è stato detto agli uomini che essi erano addormentati e che dovevano svegliarsi.

Per esempio, quante volte leggiamo nei Vangeli: ‘Svegliatevi’, Vegliate’, ‘non dormite’.

I discepoli del Cristo, persino nel Giardino di Getsemani, mentre il loro Maestro pregava per l’ultima volta, dormivano.

Questo dice tutto.

Ma gli uomini lo comprendono?

Essi considerano ciò una figura retorica, una metafora.

Non vedono affatto che deve essere preso alla lettera.

E di nuovo è facile capire perché.

Per prenderlo alla lettera occorrerebbe svegliarsi un po’, o per lo meno tentare di svegliarsi.

Mi è stato sovente chiesto, seriamente, perché i Vangeli non parlano mai del sonno, mentre se ne parla in ogni pagina.

Ciò dimostra semplicemente che la gente legge il Vangelo dormendo.

Fintante che un uomo è in un sonno profondo, interamente sommerso dai suoi sogni, non può neppure pensare di essere addormentato.

Se potesse pensare di essere addormentato, si sveglierebbe.

E così vanno le cose, senza che gli uomini abbiano la minima idea di tutto quel che perdono a causa del loro sonno.

Come ho già detto, l’uomo, così come è, così come la natura lo ha creato, può diventare un essere cosciente di sé.

Creato a questo scopo, nasce per questo scopo.

Ma egli nasce fra gente addormentata e, naturalmente, cade a sua volta in un sonno profondo, proprio nel momento in cui dovrebbe incominciare a prendere coscienza di sé.

Ogni cosa vi ha parte: l’involontaria imitazione degli adulti da parte del bambino, le suggestioni volontarie o involontarie e la cosiddetta ‘educazione’.

Ógni tentativo di risveglio da parte del bambino è stroncato sul nascere.

È inevitabile.

Quanti sforzi più tardi per svegliarsi!

E di quanto aiuto si avrà bisogno allorquando migliaia di abitudini, che spingono al sonno, saranno state accumulate.

È rarissimo potersene liberare.

Nella maggior parte dei casi, fin dalla prima infanzia, l’uomo ha già perso la possibilità di svegliarsi; egli vive tutta la sua vita nel sonno e muore nel sonno.

Inoltre, molta gente muore assai prima della morte fisica. Ma di tali casi, parleremo più tardi.

Ricordatevi ora di ciò che vi ho già detto.

Un uomo pienamente sviluppato, ciò che io chiamo ‘un uomo nel vero senso della parola’, dovrebbe possedere quattro stati di coscienza.

L’uomo ordinario, ossia l’uomo numero uno, numero due, numero tre, vive solo in due stati di coscienza.

Egli conosce, o per lo meno può conoscere l’esistenza del quarto stato.

Tutti gli ‘stati mistici’ e simili, sono mal definiti.

Tuttavia, quando non si tratta né di frodi, né di simulazioni, si tratta di sprazzi di ciò che chiamiamo uno stato di coscienza obiettiva.

Ma l’uomo non sa nulla del terzo stato di coscienza e neppure lo sospetta.

Né può sospettarlo, perché, se gli spiegate che cosa è il terzo stato di coscienza, in che cosa consiste, egli vi dirà che quello è il suo stato abituale.

Egli considera sé stesso un essere cosciente che governa la propria vita.

I fatti lo contraddicono, ma egli li ritiene accidentali o momentanei, destinati a sistemarsi da soli.

Immaginando così di possedere la coscienza di sé, in un certo modo per diritto di nascita, non gli verrà mai in mente di tentare di avvicinarla o di ottenerla.

E tuttavia, in assenza della coscienza di sé o del terzo stato di coscienza, il quarto stato, ad eccezione di rari sprazzi, non è possibile.

Eppure la conoscenza, quella vera conoscenza obiettiva, che gli uomini, come dicono, si sforzerebbero di raggiungere, è possibile solo nel quarto stato di coscienza.

La conoscenza acquisita nello stato ordinario di coscienza è costantemente frammista a sogni.

Avete così un quadro completo dell’essere dell’uomo numero 1, 2 e 3″.

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